Confindustria Lecco e Sondrio, Riva: "Si nota un netto rallentamento"
Torna a parlare Lorenzo Riva, presidente di Confindustria delle province di Lecco e Sondrio. Riva, a proposito della recessione, sembra piuttosto preoccupato: "Individuare le cause della crisi non è semplice. Si può ipotizzare che un peso importante l'abbia il "dieselgate", che ha investito l'automotive sconvolgendo il sistema tedesco: la Germania è andata in crisi e, essendo questa la locomotiva del manifatturiero europeo, a cascata ha trascinato il resto del continente".
Sulle scelte poco chiare del Governo, Riva prosegue: "Decisioni che, a prescindere dal rimpallo delle responsabilità cui assistiamo, non favoriscono la ripresa economica e l'industria in particolare. Mi riferisco in particolare al fatto che non ci si decide a a far ripartire i cantieri, almeno per quanto riguarda quelli già finanziati per quasi 27 miliardi di euro. Questo insieme di situazioni mette in difficoltà il Paese. Nelle nostre province prevale la stabilità, ma aumenta sempre più l'incertezza e si notano le prime avvisaglie di un netto rallentamento".
In conclusione, "Il pericolo di ulteriori sofferenze è elevato e non è così lontano. Non so come il premier Conte possa affermare che dalla primavera avremo una ripresa: l'unico modo per sostenerlo è averlo già deciso, in seno al governo, di mettere in campo nuove idee, nuove riforme che supportino Industria 4.0 e l'alternanza scuola lavoro. Su ricerca e alternanza bisogna investire e non togliere, come invece questo Governo ha fatto. Da anni si sostiene che queste sono le leve principali per l'industria del futuro, quindi bisogna destinarvi risorse adeguate".
L'ultimo intervento
In una nota e sempre a proposito della recessione, tra proposte e conseguenze sul territorio, Lorenzo Riva era già intervenuto a metà gennaio: “Il nostro territorio rispecchia in linea di massima le rilevazioni del Centro Studi Confindustria che, riguardo al periodo finale dello scorso anno, segnalano una domanda interna debole accompagnata da fiducia delle imprese manifatturiere in peggioramento e previsioni di export negativo per il quarto trimestre dell’anno. Un quadro non confortante, anche se nelle nostre province a prevalere è ancora la stabilità e i segnali di rallentamento sono per il momento meno marcati. Sul territorio i dati rilevati sono disomogenei, influenzati anche dalle diverse dinamiche settoriali, ma è inevitabile osservare che anche se i livelli occupazionali sono ancora stabili i segnali di ripresa si stanno progressivamente riducendo. Sicuramente il nostro livello di attenzione resta alto e, ancora una volta, dobbiamo portare l’attenzione sul fatto che solo quando l’impresa verrà messa al centro delle politiche economiche saremo in grado di recuperare e guardare al futuro con maggiore fiducia”.
“Sicuramente – ha poi sottolineato il direttore Generale di Confindustria Lecco e Sondrio, Giulio Sirtori – le imprese non stanno comunque ferme, in attesa di essere tenute in maggiore considerazione nell’ambito di un piano di sviluppo complessivo del Paese, e continuano ad investire per mantenersi competitive. Tuttavia, la mancanza di risorse umane formate in ambito tecnico-industriale è ancora un nodo critico. Proprio per questo lo scorso anno abbiamo investito molto nei progetti dedicati all’ambito education e allo sviluppo del rapporto fra scuola e imprese: un percorso avviato già da tempo che ci vedrà sicuramente impegnati anche per il futuro”.
I dati
Allo scorso intervento di Lorenzo Riva, erano stati diffusi anche i dati sulla crescita economica, in calo dopo la ripresa dell'anno scorso.
"Per tutti gli indicatori, ad eccezione di quello associato al fatturato, il giudizio prevalente continua ad essere la stabilità. Tuttavia, si registra anche un’elevata quota di indicazioni di diminuzione che sono più del doppio rispetto ai casi di aumento.
Gli ordini sono stabili per oltre quattro imprese su dieci, ma risultano in frenata sia sul fronte domestico (39,4%), maggiormente penalizzato, sia sul versante estero (34%).
L’attività produttiva si mantiene stabile per il 53,5% del campione, mentre è in contrazione per una realtà su tre (32,3%).
Diverso l’andamento del fatturato, che evidenzia una prevalenza di giudizi di diminuzione (45,1%), più diffusi rispetto alle indicazioni di stabilità (32,4%) e a quelle di aumento (22,5%).
La capacità produttiva impiegata dalla imprese del campione si attesta a quota 78,6%, sostanzialmente in linea con quanto esaminato a settembre (76,2%).
Eterogeneo l’andamento delle imprese del campione, con differenze collegate al settore merceologico di appartenenza. Se in linea generale si registra un rallentamento degli indicatori, la contrazione colpisce in modo diverso realtà metalmeccaniche (meno colpite), aziende tessili (più penalizzate) e imprese degli altri settori.
Le situazioni di insolvenza e di ritardo dei pagamenti che continuano ad interessare oltre quattro imprese su dieci (41,7%), unitamente alla fase di aumento dei costi delle materie prime (rilevato dal 30,1% del campione), restano alcune delle principali criticità per le realtà di Lecco, Sondrio e Como.
A questi si aggiunge il limitato orizzonte di visibilità sugli ordini, che per quasi quattro imprese su dieci (37,7%) non raggiunge il mese.
Dall’esame dei giudizi riguardanti il rapporto tra le imprese del campione e gli Istituti di credito emergono condizioni stabili, come indicato dall’87,4% del campione.
Stabili anche i giudizi riguardanti lo scenario occupazionale, così come le aspettative formulate per le prossime settimane".
Altri dati economici: il mercato casa
Nel 2018 La Lombardia si conferma come il primo mercato immobiliare d’Italia, concentrando il 22,8 per cento delle compravendite residenziali nazionali. Rispetto al 2017 la crescita delle transazioni nella regione ha vissuto un’ulteriore accelerata, aumentando del 13,8 per cento. Questi sono alcuni dei dati del Rapporto 2018 sul mercato immobiliare della Lombardia, presentato a Milano da Scenari immobiliari in collaborazione con Casa.it.
Il numero di compravendite concluse in Lombardia dovrebbe attestarsi entro la fine dell’anno a 140mila unità immobiliari, contro le 123mila registrate nel 2017 in uno scenario nazionale di 610mila transazioni (in crescita dell’8,9 per cento sull’anno precedente). «La Lombardia - spiega Mario Breglia, presidente di Scenari immobiliari - ha lo stesso numero di compravendite del Portogallo e si avvicina all’intera Polonia, confermandosi anche nel 2018 come un mercato a parte rispetto al resto del Paese. Le previsioni per il 2019 rimangono positive sia a livello lombardo sia a livello nazionale. In particolare, nel 2019 le compravendite in Lombardia dovrebbero attestarsi a quota 158mila, per poi raggiungere le 180mila unità durante il 2020, superando il record storico di 165mila transazioni del 2007».
In riferimento ai prezzi, nel 2018 in Lombardia i prezzi medi di vendita sono tornati al 95,8 per cento del valore nominale registrato nel 2007, con una crescita dell’1,2 per cento rispetto al 2017. In Italia, invece, in media le quotazioni hanno proseguito la propria discesa, per quanto rallentata, perdendo lo 0,1 per cento sull’anno precedente e fermandosi a quota 83,9 per cento dei valori rilevati nel 2007.
Il 2019 in Italia si dovrebbe caratterizzare per un arresto del calo dei prezzi medi delle abitazioni, che rimarranno invariati rispetto al 2018, mentre in Lombardia è prevista una lieve accelerata della crescita delle quotazioni, con un incremento nell’ordine dell’1,5 per cento. E nel 2020 si dovrebbe arrivare a una crescita dei prezzi del 4,2 per cento, assistendo al contempo anche a un primo ricarico dei prezzi a livello nazionale, attorno all’1 per cento rispetto ai valori registrati nel 2018, pur rimanendo ancora stabilmente al di sotto dei valori precrisi.
articolo del 3.02.2019, ore 10:35
Sulle scelte poco chiare del Governo, Riva prosegue: "Decisioni che, a prescindere dal rimpallo delle responsabilità cui assistiamo, non favoriscono la ripresa economica e l'industria in particolare. Mi riferisco in particolare al fatto che non ci si decide a a far ripartire i cantieri, almeno per quanto riguarda quelli già finanziati per quasi 27 miliardi di euro. Questo insieme di situazioni mette in difficoltà il Paese. Nelle nostre province prevale la stabilità, ma aumenta sempre più l'incertezza e si notano le prime avvisaglie di un netto rallentamento".
In conclusione, "Il pericolo di ulteriori sofferenze è elevato e non è così lontano. Non so come il premier Conte possa affermare che dalla primavera avremo una ripresa: l'unico modo per sostenerlo è averlo già deciso, in seno al governo, di mettere in campo nuove idee, nuove riforme che supportino Industria 4.0 e l'alternanza scuola lavoro. Su ricerca e alternanza bisogna investire e non togliere, come invece questo Governo ha fatto. Da anni si sostiene che queste sono le leve principali per l'industria del futuro, quindi bisogna destinarvi risorse adeguate".
L'ultimo intervento
In una nota e sempre a proposito della recessione, tra proposte e conseguenze sul territorio, Lorenzo Riva era già intervenuto a metà gennaio: “Il nostro territorio rispecchia in linea di massima le rilevazioni del Centro Studi Confindustria che, riguardo al periodo finale dello scorso anno, segnalano una domanda interna debole accompagnata da fiducia delle imprese manifatturiere in peggioramento e previsioni di export negativo per il quarto trimestre dell’anno. Un quadro non confortante, anche se nelle nostre province a prevalere è ancora la stabilità e i segnali di rallentamento sono per il momento meno marcati. Sul territorio i dati rilevati sono disomogenei, influenzati anche dalle diverse dinamiche settoriali, ma è inevitabile osservare che anche se i livelli occupazionali sono ancora stabili i segnali di ripresa si stanno progressivamente riducendo. Sicuramente il nostro livello di attenzione resta alto e, ancora una volta, dobbiamo portare l’attenzione sul fatto che solo quando l’impresa verrà messa al centro delle politiche economiche saremo in grado di recuperare e guardare al futuro con maggiore fiducia”.
“Sicuramente – ha poi sottolineato il direttore Generale di Confindustria Lecco e Sondrio, Giulio Sirtori – le imprese non stanno comunque ferme, in attesa di essere tenute in maggiore considerazione nell’ambito di un piano di sviluppo complessivo del Paese, e continuano ad investire per mantenersi competitive. Tuttavia, la mancanza di risorse umane formate in ambito tecnico-industriale è ancora un nodo critico. Proprio per questo lo scorso anno abbiamo investito molto nei progetti dedicati all’ambito education e allo sviluppo del rapporto fra scuola e imprese: un percorso avviato già da tempo che ci vedrà sicuramente impegnati anche per il futuro”.
I dati
Allo scorso intervento di Lorenzo Riva, erano stati diffusi anche i dati sulla crescita economica, in calo dopo la ripresa dell'anno scorso.
"Per tutti gli indicatori, ad eccezione di quello associato al fatturato, il giudizio prevalente continua ad essere la stabilità. Tuttavia, si registra anche un’elevata quota di indicazioni di diminuzione che sono più del doppio rispetto ai casi di aumento.
Gli ordini sono stabili per oltre quattro imprese su dieci, ma risultano in frenata sia sul fronte domestico (39,4%), maggiormente penalizzato, sia sul versante estero (34%).
L’attività produttiva si mantiene stabile per il 53,5% del campione, mentre è in contrazione per una realtà su tre (32,3%).
Diverso l’andamento del fatturato, che evidenzia una prevalenza di giudizi di diminuzione (45,1%), più diffusi rispetto alle indicazioni di stabilità (32,4%) e a quelle di aumento (22,5%).
La capacità produttiva impiegata dalla imprese del campione si attesta a quota 78,6%, sostanzialmente in linea con quanto esaminato a settembre (76,2%).
Eterogeneo l’andamento delle imprese del campione, con differenze collegate al settore merceologico di appartenenza. Se in linea generale si registra un rallentamento degli indicatori, la contrazione colpisce in modo diverso realtà metalmeccaniche (meno colpite), aziende tessili (più penalizzate) e imprese degli altri settori.
Le situazioni di insolvenza e di ritardo dei pagamenti che continuano ad interessare oltre quattro imprese su dieci (41,7%), unitamente alla fase di aumento dei costi delle materie prime (rilevato dal 30,1% del campione), restano alcune delle principali criticità per le realtà di Lecco, Sondrio e Como.
A questi si aggiunge il limitato orizzonte di visibilità sugli ordini, che per quasi quattro imprese su dieci (37,7%) non raggiunge il mese.
Dall’esame dei giudizi riguardanti il rapporto tra le imprese del campione e gli Istituti di credito emergono condizioni stabili, come indicato dall’87,4% del campione.
Stabili anche i giudizi riguardanti lo scenario occupazionale, così come le aspettative formulate per le prossime settimane".
Altri dati economici: il mercato casa
Nel 2018 La Lombardia si conferma come il primo mercato immobiliare d’Italia, concentrando il 22,8 per cento delle compravendite residenziali nazionali. Rispetto al 2017 la crescita delle transazioni nella regione ha vissuto un’ulteriore accelerata, aumentando del 13,8 per cento. Questi sono alcuni dei dati del Rapporto 2018 sul mercato immobiliare della Lombardia, presentato a Milano da Scenari immobiliari in collaborazione con Casa.it.
Il numero di compravendite concluse in Lombardia dovrebbe attestarsi entro la fine dell’anno a 140mila unità immobiliari, contro le 123mila registrate nel 2017 in uno scenario nazionale di 610mila transazioni (in crescita dell’8,9 per cento sull’anno precedente). «La Lombardia - spiega Mario Breglia, presidente di Scenari immobiliari - ha lo stesso numero di compravendite del Portogallo e si avvicina all’intera Polonia, confermandosi anche nel 2018 come un mercato a parte rispetto al resto del Paese. Le previsioni per il 2019 rimangono positive sia a livello lombardo sia a livello nazionale. In particolare, nel 2019 le compravendite in Lombardia dovrebbero attestarsi a quota 158mila, per poi raggiungere le 180mila unità durante il 2020, superando il record storico di 165mila transazioni del 2007».
In riferimento ai prezzi, nel 2018 in Lombardia i prezzi medi di vendita sono tornati al 95,8 per cento del valore nominale registrato nel 2007, con una crescita dell’1,2 per cento rispetto al 2017. In Italia, invece, in media le quotazioni hanno proseguito la propria discesa, per quanto rallentata, perdendo lo 0,1 per cento sull’anno precedente e fermandosi a quota 83,9 per cento dei valori rilevati nel 2007.
Il 2019 in Italia si dovrebbe caratterizzare per un arresto del calo dei prezzi medi delle abitazioni, che rimarranno invariati rispetto al 2018, mentre in Lombardia è prevista una lieve accelerata della crescita delle quotazioni, con un incremento nell’ordine dell’1,5 per cento. E nel 2020 si dovrebbe arrivare a una crescita dei prezzi del 4,2 per cento, assistendo al contempo anche a un primo ricarico dei prezzi a livello nazionale, attorno all’1 per cento rispetto ai valori registrati nel 2018, pur rimanendo ancora stabilmente al di sotto dei valori precrisi.
articolo del 3.02.2019, ore 10:35