Pischedda, caso archiviato: per il giudice non ci sono colpevoli
COLICO/Città. Il caso Pischedda è stato archiviato. Il giudice del Tribunale di Lecco Salvatore Catalano, accogliendo la richiesta della Procura e del pubblico ministero Paolo Del Grosso di archiviare il fascicolo che ipotizzava un reato di omicidio colposo da parte di ignoti, ha pubblicato il verdetto finale.
Termina così, almeno per il momento, la lunga battaglia dei familiari, che fino all’ultimo hanno richiesto la prosecuzione delle indagini. Per la famiglia, una battaglia sempre più “amara”, in particolare dopo la seconda richiesta di archiviazione risalente a tre mesi fa (la prima era stata rigettata dal giudice Massimo Mercaldo, ora al Tribunale di Como, che aveva disposto la verifica di eventuali ritardi, problematiche e difficoltà nei soccorsi). Il vigile ventottenne della polizia stradale di Bellano, che nella serata del 2 febbraio 2017 stava tentando di fermare un ladro (ancora una volta erano infatti al centro dell’attenzione frequenti furti nelle frazioni), era infatti deceduto dopo la caduta da un viadotto della SS36 situato nel territorio della frazione di Curcio. Con maggior precisione, Pischedda, il 2 febbraio 2017, era riuscito a intercettare un furgone Fiat Fiorino, già segnalato come provento di furto. Gli operatori tentarono di dissuaderlo, ma Francesco non mancò del gesto eorico che gli costò la vita, dopo un pericoloso inseguimento della Polizia Stradale fino al tratto “fatale”. Dopo esser restato a terra per 2 ore e 20 minuti senza soccorsi (con ritardi dovuti al maltempo, alla difficoltà nel raggiungimento della zona e, secondo i familiari, anche alla disorganizzazione dei servizi d’urgenza), l’agente fu portato all’ospedale di Gravedona e lì gli fu diagnosticata un’emorragia interna dovuta alla rottura dell’aorta. Tre ore dopo il soccorso, rispedito a Lecco, ci si accorse che ormai era troppo tardi: il paziente morì durante il trasferimento. La decisione del giudice verte attorno ad un punto: il ritardo nei soccorsi non è stata la causa o una delle cause della morte dell’agente; lo sono stati invece le gravi ferite, per le quali non ci sarebbe già stato più nulla da fare immediatamente dopo la caduta. Sui social network non sono mancati, in giornata, i commenti dei cittadini colichesi, in gran parte perplessi per l’influenza nulla data al fattore tempo. Al quotidiano “Il Giorno”, i familiari hanno mostrato ancora una volta tutto il proprio sdegno di fronte alla decisione di archiviare il caso: “È come se fosse morto tre volte. La prima dopo essere caduto dal cavalcavia abbandonato lì sotto quel ponte in attesa di essere soccorso, la seconda quando è stato chiesto di archiviare il caso e adesso ce lo hanno ammazzato di nuovo per la terza volta […] senza valutare la responsabilità. Noi credevamo nello Stato, vogliamo ancora credere nello Stato, ma lo Stato ci ha deluso, anzi i magistrati e i giudici dello Stato che non vogliono darci le risposte che meritiamo di conoscere ci hanno deluso”. articolo del 5.05.2019, ore 01:35 riferimenti da "Il Giorno" |