Settimanalmente, andiamo alla scoperta delle tante meraviglie che il territorio colichese offre.
Quest'oggi siamo all'antico Forte di Fuentes.
Quest'oggi siamo all'antico Forte di Fuentes.
Il Forte di Fuentes, baluardo di difesa, e Erbiola
Il Forte di Fuentes, un'altra attrazione turistica di grandissimo pregio situata nel territorio colichese.
Certo, lo sarebbe stato ancor di più se Napoleone non ne avesse ordinato la distruzione, ma questa è un'altra storia.
Il forte bastionato risale agli inizi del 1600 e fu eretto per volere di Don Pedro Enriquez de Acevedo, conte di Fuentes, nel pieno del governo spagnolo in Lombardia. La costruzione (così come il Forte Montecchio) sarebbe servita per controllare il territorio e per difendersi da eventuali attacchi dei nemici.
L'inizio dell'edificazione risale al 1603, su progetto dell'ingegnere Gabrio Busca; nel 1736, con l'arrivo del dominio austriaco, il baluardo passò a questo regno, che a Colico provvide a costruire anche diverse strade.
Un primo "colpo" giunse nel 1769, quando Giuseppe II, Imperatore del Sacro Romano Impero, ordinò di disarmare la struttura a causa dell'"inutilità militare". L'ultimo castellano, Domenico Schroeder, acquista però la fortezza, rendendola un'attività agricola. Nel 1796 Napoleone chiude definitivamente il sipario, inviando truppe guastatrici guidate dal generale Rambeau per distruggere il forte.
Nell'Ottocento avviene la bonifica della palude circostante, per porre fine all'annosa malaria che infestava l'area.
All'interno erano diversi gli edifici presenti, di cui sono visitabili le rovine: il Palazzo del Governatore, dotato di sette camere per piano e di un camino, i quartieri dei soldati, che potevano ospitare sino a 300 uomini, le postazioni blindate, costruite soltanto nella Prima Guerra Mondiale (potevano ospitare un massimo di 8 artiglierie, di cui quattro dirette verso la Valchiavenna e quattro verso la Valtellina), alcune gallerie, utilizzate forse come polveriera. In aggiunta, si può notare la centrale ex-chiesa di Santa Barbara, patrona degli artiglieri e dei minatori; una pala raffigurante la Santa, posta all'interno dell'edificio, è stata portata nella Chiesa di San Giorgio di Colico e restaurata.
Oltre alla famosa costruzione, non possiamo però non menzionare il vicino borgo antico di Erbiola, che vale la pena visitare. Fu con tutta probabilità uno tra i primi nuclei abitativi di Colico, nato grazie allo stanziamento di alcune persone di passaggio. Le "terre del luogo di Colico", così veniva chiamata la località nel Medioevo, hanno ospitato anche posti di avanguardia, ora distrutti, del vicino forte.
Informazioni su Erbiola: "Colico e il Monte Legnone - Sentieri e Storia" - Giovanni Del Tredici, Elena Fattarelli.
Certo, lo sarebbe stato ancor di più se Napoleone non ne avesse ordinato la distruzione, ma questa è un'altra storia.
Il forte bastionato risale agli inizi del 1600 e fu eretto per volere di Don Pedro Enriquez de Acevedo, conte di Fuentes, nel pieno del governo spagnolo in Lombardia. La costruzione (così come il Forte Montecchio) sarebbe servita per controllare il territorio e per difendersi da eventuali attacchi dei nemici.
L'inizio dell'edificazione risale al 1603, su progetto dell'ingegnere Gabrio Busca; nel 1736, con l'arrivo del dominio austriaco, il baluardo passò a questo regno, che a Colico provvide a costruire anche diverse strade.
Un primo "colpo" giunse nel 1769, quando Giuseppe II, Imperatore del Sacro Romano Impero, ordinò di disarmare la struttura a causa dell'"inutilità militare". L'ultimo castellano, Domenico Schroeder, acquista però la fortezza, rendendola un'attività agricola. Nel 1796 Napoleone chiude definitivamente il sipario, inviando truppe guastatrici guidate dal generale Rambeau per distruggere il forte.
Nell'Ottocento avviene la bonifica della palude circostante, per porre fine all'annosa malaria che infestava l'area.
All'interno erano diversi gli edifici presenti, di cui sono visitabili le rovine: il Palazzo del Governatore, dotato di sette camere per piano e di un camino, i quartieri dei soldati, che potevano ospitare sino a 300 uomini, le postazioni blindate, costruite soltanto nella Prima Guerra Mondiale (potevano ospitare un massimo di 8 artiglierie, di cui quattro dirette verso la Valchiavenna e quattro verso la Valtellina), alcune gallerie, utilizzate forse come polveriera. In aggiunta, si può notare la centrale ex-chiesa di Santa Barbara, patrona degli artiglieri e dei minatori; una pala raffigurante la Santa, posta all'interno dell'edificio, è stata portata nella Chiesa di San Giorgio di Colico e restaurata.
Oltre alla famosa costruzione, non possiamo però non menzionare il vicino borgo antico di Erbiola, che vale la pena visitare. Fu con tutta probabilità uno tra i primi nuclei abitativi di Colico, nato grazie allo stanziamento di alcune persone di passaggio. Le "terre del luogo di Colico", così veniva chiamata la località nel Medioevo, hanno ospitato anche posti di avanguardia, ora distrutti, del vicino forte.
Informazioni su Erbiola: "Colico e il Monte Legnone - Sentieri e Storia" - Giovanni Del Tredici, Elena Fattarelli.